Postura e movimento

Osteopatia, la soluzione olistica

Mal di schiena e cervicalgia si contendono il primato del problema che porta più frequentemente un paziente nello studio dell’osteopata.
A prima vista uno potrebbe pensare che il nostro lavoro debba essere piuttosto noioso, visto che il trattamento non può che essere più o meno sempre lo stesso, ma si sbaglierebbe di grosso perché non è affatto così.
Dietro l’etichetta di “lombalgia” ci possono essere moltissime situazioni cliniche, ognuna delle quali con un percorso terapeutico differente.
Lo stesso termine “lombalgia” non è altro che dare un nome più tecnico ad un sintomo, il dolore, senza però specificarne la causa. Non è una vera e propria diagnosi.
Innanzitutto sono molteplici le strutture anatomiche che possono causare il dolore: la faccetta articolare di una vertebra, un legamento, la muscolatura paravertebrale o un disco intervertebrale.

Alle radici del problema

Un’accurata analisi del dolore corredata da specifici test clinici è fondamentale per identificare la struttura sofferente, ma questo non è sufficiente. L’osteopata si domanda anche: cosa ha portato questa struttura a funzionare in modo anomalo? La risposta a questa domanda può essere anche molto distante, se non fisicamente anche solo concettualmente, dalla sede del dolore.
Spesso infatti sorprende molto il paziente vedere l’osteopata che mette le mani, invece che sulla schiena, ad esempio sull’addome.
Eppure molto spesso la causa della lombalgia è di origine viscerale, è legata cioè ad un’alterazione degli organi interni.

Ho potuto sperimentare questo sulla mia pelle quando ero ancora una studentessa di medicina, ma già così appassionata dell’osteopatia da frequentare in qualità di “osservatrice” lo studio di un osteopata. Mi era capitato per la prima volta nella vita di essere afflitta da quello che molti conoscono come “il colpo della strega”: uno compie quella che sembra un’azione routinaria come allacciarsi le scarpe, quando improvvisamente resta “bloccato” con la schiena.

Forse non è così ovvio sottolineare che il “colpevole” non è l’azione che si stava compiendo nel momento del blocco, ma la storia che sta dietro: come un vaso che si è lentamente riempito d’acqua, allacciarsi le scarpe è solo stato quello che lo ha fatto traboccare, ma la causa sta nelle innumerevoli gocce che gradualmente lo hanno riempito fino all’orlo. Ecco come un’azione banale può scatenare un dolore così forte ed improvviso.
Al termine delle visite della giornata l’osteopata aveva gentilmente acconsentito a trattarmi, ma con mio grande stupore non aveva messo neppure una mano sulla mia schiena dolorante. Al contrario, aveva sapientemente manipolato la zona addominale.

Nel mio caso ciò che aveva predisposto l’insorgere della lombalgia era stata una situazione infiammatoria intestinale dovuta ad una gastroenterite che io non avevo minimamente collegato al mal di schiena.
Forse la causa che siamo più abituati ad associare alla lombalgia è di tipo meccanico: un movimento inconsulto o un trauma, che portano -come si dice in gergo- “in disfunzione” una o più vertebre. L’effetto sarà un’alterazione della biomeccanica della colonna, con fissità di alcuni segmenti e ipermobilità di altri, entrabi scenari che possono causare dolore.
In altri casi la causa del mal di schiena può essere invece di tipo posturale: la posizione che assumiamo nello spazio sia in piedi che seduti può condizionare la biomeccanica della colonna vertebrale.
La postura può però a sua volta essere influenzata dalle informazioni che il corpo riceve da recettori posti a livello di occhi, orecchie, bocca, pelle, organi interni e piedi.
Solo agendo su questi canali d’ingresso di messaggi posturali possiamo “riprogrammare” la postura e minimizzare il sovraccarico su determinati tratti della spina dorsale.

L’osteopata non può però mai dimenticare che la lombalgia può anche non essere espressione di un’alterazione funzionale, ma di vere e proprie patologie.
Questo è vero ad esempio nel caso della famosa ernia discale, in cui la fuoriuscita del nucleo polposo del disco intervertebrale va a comprimere una radice nervosa lombare. Questa alterazione organica è sì espressione di una biomeccanica del rachide alterata, ma spesso deve essere operata chirurgicamente. In questi casi l’osteopata può però comunque lavorare sulle condizioni che hanno favorito il manifestarsi dell’ernia discale e cercare di prevenire complicanze e peggioramenti.
Oppure pensiamo a malattie reumatologiche come la spondilite anchilosante, ma anche a cedimenti vertebrali sia da gravi situazioni di osteoporosi che da metastasi ossee per tumori maligni che possono trovarsi in tutt’altra sede.
In tutti questi casi l’osteopata deve esse in grado di sospettare l’origine sistemica della lombalgia e indirizzare il paziente dallo specialista di competenza, ma questo è possibile solo se si accompagna all’abilità manuale una buona formazione medica e si mantiene attento l’ascolto del paziente.

 

Claudia Monti, medico chirurgo e osteopata presso CasaMedica

Pubblicato sul numero di dicembre 2015 – gennaio 2016 della rivista “Insieme Salute & Natura”