adolescenti e lock down
Psicologia

Lock down non ti temo: la risposta degli adolescenti

In un periodo di crescita così delicato e complesso come quello dell’adolescenza, dove il gruppo e la socialità rappresentano una delle maggiori espressioni della propria identità, la pandemia che stiamo vivendo si è configurata come una vera e propria sfida per i nostri ragazzi.

In un momento di vita in cui il bisogno è quello di uscire e di prendere più che mai contatto con il mondo, l’accesso al mondo è stato negato e con esso la possibilità di condividere in prima persona le esperienze con gli amici e i compagni di scuola. La chiusura forzata all’interno delle quattro mura domestiche e l’impossibilità di svolgere gran parte delle attività, ha messo i ragazzi a dura prova e li ha costretti a confrontarsi con sentimenti forti quali la solitudine, la noia, la frustrazione, la rabbia e la tristezza. Tutti aspetti, questi, che avrebbero potuto prendere il sopravvento e generare forti malesseri ma che, invece, in numerosi casi sono stati ben gestiti sia dagli stessi adolescenti che dagli adulti che sono stati accanto a loro.

Durante l’emergenza Covid-19 ho avuto modo di portare avanti i percorsi terapeutici con gli adolescenti attraverso sedute via Skype ed è stato possibile osservare e analizzare insieme la loro evoluzione durante questo strano momento di vita; è stato sorprendente notare come, nella maggior parte dei casi, abbiano saputo esprimere la loro sofferenza per la privazione di una tanto desiderata libertà e, al tempo stesso, siano stati in grado di integrare le loro emozioni negative e la loro stanchezza per il prolungarsi dell’isolamento, con elementi densi di originalità e vitalità. Per molti di loro questo tempo si è rivelato una preziosa occasione per riconoscersi e ridefinirsi, trovando nuove potenzialità e sviluppando il loro lato creativo in una condizione che ricorderanno come una delle situazioni più particolari della loro vita. Ciò è stato possibile grazie alle numerose risorse che i ragazzi hanno scoperto di possedere ma è inevitabile riconoscere l’importanza che anche i genitori hanno avuto in questa fase. E’ stato cruciale per gli adulti approfittare di questa convivenza serrata, non solo per passare più tempo insieme, ma soprattutto per vivere contemporaneamente ai figli le medesime emozioni all’interno di una circostanza comune.
Tutti infatti siamo stati stravolti da questa situazione e tutti, con intensità e grado differenti, abbiamo subito uno stravolgimento della nostra routine; in questo senso la nuova quotidianità in cui ci siamo trovati, ha potuto trasformarsi in un’opportunità, per adulti e adolescenti costretti a condividere gli stessi spazi, talvolta ridotti, per incontrarsi e comprendersi reciprocamente e, per il genitore, per fungere da accompagnatore nel regolare le emozioni emerse nel momento presente e riconoscere la realtà per quello che è stata, grazie al fatto che si è trattato di una realtà necessariamente condivisa e per tutti “simile”.
E’ stato indispensabile per questi ragazzi trovarsi accanto ad adulti che sono stati capaci di aiutarli ad osservare anziché la realtà esterna, inaccessibile in quel momento (se non in forma virtuale), quella interna, dando spazio ed ascolto ai loro vissuti e  supportandoli nel rendere tollerabile una situazione che è stata impossibile da migliorare nell’immediato, senza appesantirla con ulteriori pensieri negativi. Come afferma Alberto Pellai molte volte i ragazzi non hanno bisogno di risposte o di soluzioni che vengono dall’alto ma semplicemente di qualcuno che li ascolti e che dia importanza a ciò che vivono. E la comprensione passa attraverso le parole ma anche attraverso i silenzi, gli sguardi e gli atteggiamenti purché siano inseriti all’interno di esperienze che abbiano un significato condiviso e che consentano di apprendere dall’esperienza stessa.

Produrre parola, cultura, pensiero e riflessione, tenere alto lo sguardo e trasformare la crisi in opportunità. Sono solo la parola e la cultura che seminano in un territorio desertificato. […] tutti stiamo parlando tantissimo, perché dobbiamo dar senso a qualcosa che “un senso non ce l’ha”. Ognuno di noi deve sviluppare il pensiero e trovare risposta alla domanda “cosa significa stare uniti?”. Non solo “che cosa posso fare per me stesso?” ma anche “che cosa posso fare per gli altri?”. È l’unico modo per dare senso a questa reclusione (Alberto Pellai).

 

Dr.ssa Alessandra Guerrieri, psicologa e psicoteraeuta, reponsabile del Progetto Adolescenza.