report vulvodinia quarta parte
Vulvodinia

Conosciamola insieme: parliamo di vulvodinia – 4^ parte 30.04.20

La terapia è multidisciplinare. E’ importante prendere in considerazione le varie cause e concause dell’infiammazione cronica (vedi prima diretta) e quindi agire su queste. Abbiamo già visto nelle precedenti dirette l’importanza di un inquadramento posturologico e nutrizionale.

I cardini della terapia sono quindi:

  • Riduzione dei fattori scatenanti e degli stimoli irritativi
  • Bloccare la nocicezione periferica
  • Inibizione centrale del dolore
  • Trattamento delle complicanze psicosessuali.

 

Indicazioni comportamentali (dott.ssa Stefania Azzalini, ostetrica)

 

Sono indicazioni sia preventive che terapeutiche, che permettono di ridurre gli eventi scatenanti ed irritanti, diminuendo la frequenza e l’intensità degli episodi di dolore:

– igiene intima con detergente delicato e poco aggressivo, non più frequentemente di una volta al giorno. Alcune donne beneficiano dall’utilizzo di sola acqua, soprattutto nella zona vulvare

– idratazione abbondante, ben distribuita nell’arco della giornata

– mantenere un alvo regoalre, e un buon benessere intestinale

– avere una buona alimentazione (per indicazioni in merito leggere report della diretta con la dott.ssa Ripamonti)

– evitare i rapporti, quando si è in fase acuta o sino a che il quadro infiammatorio non è notevolmente diminuito

– urinare al bisogno cercando di evitare di ritenere troppo a lungo le urine, tenendo presente che il riempimento medio vescicale fisiologico è di circa 300 ml (quindi urinare nè troppo frequentemente né troppo poco). Bisogna rilassare bene il pavimento pelvico, più che spingere

– Indossare biancheria intima di cotone o in seta naturale

– Indossare indumenti confortevoli evitando quelli poco traspiranti o eccessivamente stretti

– Durante le mestruazioni preferire assorbenti di cotone a quelli sintetici.

 

Farmaci (Dott.ssa Chiara Marra, ginecologa)

Amitriptilina. Fa parte della famiglia degli antidepressivi triciclici e viene utilizzata per le sue proprietà antinfiammatorie. L’amitriptilina agisce sulla degranulazione dei mastociti, ha quindi anche attività antistaminica. Inoltre inibisce il dolore a livello centrale, infatti essendo un antidepressivo inibisce il reuptake della serotonina e della noradrenalina (=neurotrasmettitori). Effetti collaterali: stanchezza, poca lucidità, sonnolenza, aumento di peso, stipsi, secchezza delle fauci. Efficacia, come la maggior parte degli altri farmaci di cui parleremo, nel 60% delle donne.

Pregabalin e Gabapentin. Agiscono su neurotrasmettitori, in particolare sul GABA, che intervengono nella trasmissione del dolore neuropatico. Il gabapentin agisce anche sul tono muscolare (in senso miorilassante) e sulla modulazione del dolore a livello centrale.

Nota interessante. E’ stato dimostrato come anche lo stile di vita possa influire positivamente sui neurotrasmettitori di cui sopra. Ad esempio praticare yoga e attività fisica aumenta i livelli di GABA, mentre lo stress, la privazione di sonno, l’eccesso di caffè, la carenza di alcune vitamine del gruppo B diminuiscono il GABA disponibile.

Duloxetina. E’ un farmaco inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina. Di questa categoria di farmaci fa parte anche la venlafaxina, talvolta utilizzata per il dolore neuropatico. Si tratta di farmaci di seconda scelta. Il loro meccanismo d’azione è quello di rendere maggiormente disponibili i neurotrasmettitori.

Miorilassanti. Possono essere d’aiuto nelle situazioni in cui è presente un ipertono muscolare del pavimento pelvico molto pronunciato. Possono essere assunti per bocca o per via vaginale/rettale. La riabilitazione del pavimento pelvico resta imprescindibile, ma questi farmaci possono comunque costituire un ottimo aiuto anche per il lavoro dell’ostetrica/fisioterapista.

Antistaminici. Sono farmaci molto utili in alcune situazioni, talvolta anche associati a antileucotrienici. Sia quando sono presenti allergie che non. Soprattutto in presenza di sindrome del colon irritabile e cistite interstiziale.

 

Integratori  (Dott.ssa Chiara Marra)

 PEA agisce su degranulazione mastocitaria, quindi ha una azione antinfiammatoria. Non ha effetti collaterali.

Acido alfa lipoico. Infiammazione provoca stress ossidativo che può portare a neuropatia. Le fibre nervose per far fronte allo stress ossidativo utilizzano già naturalmente l’acido alfa lipoico, contenuto in alcuni cibi. Ovviamente l’acido alfa lipoico contenuto negli integratori è più concentrato e più biodisponibile, rispetto a quello presente negli alimenti.

Vitamine del gruppo B. Le vitamine B1, B6 e B12, soprattutto se prese in associazione, hanno proprietà neuroprotettive e antinfiammatorie. Agiscono direttamente sui mediatori dell’infiammazione e creano una maggiore disponibilità di neurotrasmettitori come noradrenalina (e quindi possono lavorare sul dolore neuropatico). Inoltre la vitamina B12 in dosi elevate aiuta la ricostituzione della fibra nervosa (rimielinizzazione).

Dmannosio +/- N-acetilcisteina. Per le cistiti acute ma anche per prevenire le recidive, ad esempio attraverso l’assunzione di 3 grammi di dmannosio al giorno per 48 ore dopo i rapporti sessuali. Associamo spesso anche i glicosaminoglicani per ricostituire il biofilm all’interno della vescica.

 

Instillazioni endovescicali (dott.ssa Stefania Azzalini)

Le instillazioni endovescicali si effettuano in caso di cistiti ricorrenti o sindrome della vescica dolorosa. Si instilla, utilizzando un catetere di piccolo calibro, una soluzione (noi usiamo ademidrol e acido iauronico) con lo specifico obiettivo di favorire la diminuzione del fenomeno infiammatorio e ristabilire l’integrità dell’urotelio vescicale. Le instillazioni devono essere settimanali ed eseguite con costanza tra le 4 e le 8 volte per avere una buona efficacia.

 

Riabilitazione perineale (dott.ssa Stefania Azzalini)

Abbiamo parlato di come possa essere sia di competenza ostetrica che di competenza fisioterapica e di come sia auspicabile che sempre più professionisti siano in grado di lavorare proponendo efficaci terapie per la vulvodinia.

Non esiste una tecnica riabilitativa valida a priori per tutte le donne, il focus della mia riabilitazione è la personalizzazione della terapia, il rapporto uno a uno e la presa di consapevolezza della donna.

Esistono numerosissime tecniche per la riabilitazione, ma tendenzialmente sarebbe sempre opportuno partire dal lavoro corporeo sul respiro, sulla consapevolezza e percezione del pavimento pelvico. Capita spesso che alle donne venga proposta una terapia antalgica come le TENS, senza una valutazione approfondita del pavimento pelvico: proprio per questo spesso le TENS non sono efficaci, perché lavorano su un corpo che è contratto.
Le manipolazioni fatte dall’operatore sono un ottimo strumento per lavorare sul pavimento pelvico, in quanto aiuta a sciogliere l’ipertono e a diminuire il dolore nei trigger point, ancora più efficace diventa se la donna lavora anche a casa automassaggiandosi. Generalmente durante le sedute si spiega nel dettaglio come deve essere fatto l’automassaggio, in modo da aiutare la donna a effettuarlo con consapevolezza. Ovviamente fa anche parte della riabilitazione tutto l’aspetto del lavoro sullo stile di vita, con indicazioni precise e personalizzate, valutando quali fattori scatenanti ci possono essere nella vita della donna.
Si può utilizzare l’elettrostimolazione antalgica che utilizza delle correnti a che attivano fibre nervose di grosso diametro riducendo la percezione del dolore. L’effetto antalgico della TENS è quindi da attribuire all’inibizione delle afferenze nervose coinvolte nella trasmissione nocicettiva. Anche per le tens è fondamentale la cadenza delle sedute (1-2 settimanali) e servono dalle 4 alle 8 sedute per avere un buon miglioramento; dal nostro punto di vista è auspicabile dotare la donna di un apparecchio elettronico in modo che possa effettuare direttamente a domicilio parte delle sedute, riuscendo così a tenere una frequenza ottimale, a costo contenuto.
Nella nostra visione riabilitativa la tens non è l’unico strumento utile ed efficace per ridurre il dolore perineale, ma uno dei molti che possiamo utilizzare per prenderci cura della donna.
BIOFEEDBACK: il biofeedback ci permette di osservare lo stato di attivazione e/o di contrattura della muscolatura del pavimento pelvico. Il primo biofeedback che faccio ‘utilizzare’ alle donne è il … loro dito. Imparare a conoscersi è fondamentale, e spesso attraverso la conoscenza ed il contatto con il proprio corpo, riusciamo a capire se siamo contratte o meno. Inoltre è possibile utilizzare anche il biofeedback elettromiografico che trasduce l’attività elettrica dei muscoli sottostanti, permettendo di visualizzare su uno schermo lo stato di attivazione o di rilassamento della muscolatura. Anche questo è uno strumento che possiamo scegliere di utilizzare, ma non è l’unico a nostra disposizione!
Lo si sceglierà in base al bisogno della donna e alle caratteristiche del suo pavimento pelvico.
Ci sono infine degli ausili per la riabilitazione perineale come i dilatatori vaginali o degli strumenti manometrici (che possono essere utilizzati a livello vaginale o rettale) che possono aiutare nella riabilitazione: l’ideale è evitare di ‘forzare’ cercando di distendere eccessivamente il pavimento pelvico, ma al contrario questi strumenti ci potrebbero guidare nel cercare di rilassare la muscolatura in modo più consapevole. Ci sono sicuramente altri aspetti riabilitativi che vengono utilizzati a seconda della donna, come per esempio anche specifici esercizi di allungamento corporeo che lavorano sia sulla muscolatura perineale che su altri distretti vicini, ma in ogni caso è da valutare di caso in caso per effettuare una proposta personalizzata.

Il contributo della psicologia nel trattamento del dolore pelvico cronico (Dott.ssa Marta Corbetta, psicologa psicoterapeuta)

Da un punto di vista psicofisiologico la vulvodinia è una condizione multiforme, che si può inquadrare all’interno del più ampio quadro clinico delle sindromi dolorose. Sintomo chiave della patologia è il dolore persistente e prolungato a livello vulvare.

Il dolore è un fenomeno percettivo complesso e multidimensionale, in cui pensieri, emozioni e comportamenti ne influenzano la formazione, la sensazione e il mantenimento.

Il dolore infatti innesca nella donna una reazione fisiologica di risposta che prevede la contrazione del pavimento pelvico, che a sua volta alimenta il dolore stesso in un circolo vizioso senza fine (tensione-dolore-tensione in crescendo).

La risposta emotiva al dolore, caratterizzata da: insofferenza, paura (che il dolore non passi), rabbia e tristezza, non fanno altro che alimentare e mantenere tale circolo vizioso, cronicizzando la sintomatologia.

Inoltre l’ipervigilanza verso il proprio corpo e verso ogni stimolo proveniente da esso porta inevitabilmente ad un aumento della percezione del dolore ed ad un abbassamento della soglia di tolleranza.

I pensieri che caratterizzano tale fenomeno sono tendenzialmente orientati al catastrofismo (“non è vita, questa”), alla preoccupazione per il futuro (“chissà se e quando ne uscirò”) e al senso di impotenza (“non sono in grado di sopportare/farcela”).

Restare all’interno di tale circolo non fa altro che creare malessere psicologico e distress emotivo, portando spesso la donna a mettere in campo comportamenti di evitamento (di stimoli potenzialmente dolorosi) e di limitazione di molte attività quotidiane (lavorative e di svago).

Essendo una malattia poco conosciuta, e non visibile all’occhio umano, è spesso accompagnata da un vissuto di solitudine, da un forte senso di inadeguatezza e di vulnerabilità. La sintomatologia nascosta rende difficile, non solo agli occhi della donna, ma anche agli occhi della sua rete sociale (partner, famiglia, amici) un’adeguata considerazione e legittimazione. Subentrano imbarazzo, vergogna, timore nell’affrontare il tema apertamente, per paura di essere viste “diverse”, di apparire “strane” e di non essere comprese. Spesso le donne si sentono “donne a metà”, mutilate nella loro parte più femminile. I problemi correlati a livello sessuale possono minacciare la stabilità di una coppia, o, viceversa, possono portare ad una accettazione complice della malattia.

In questo scenario diventa quindi necessario intervenire con un approccio multidisciplinare e multimodale, partendo dai sintomi specifici che la paziente riporta.

Il mondo scientifico oggi riconosce l’importanza di intervenire anche sul versante psicologico del disturbo, viste e considerate le conseguenze emotive, relazionali e comportamentali che questo porta con sé.

Il trattamento si può focalizzare su diversi livelli:

  • Cognitivo, al fine di:
    1. sviluppare un atteggiamento di accettazione nei confronti del dolore e non di opposizione.
    2. individuare strategie per integrare al meglio la patologia nella quotidianità della persona, riducendo la compromissione della qualità di vita e le limitazioni nella sfera intima.
    3. Diminuire i pensieri negativi (catastrofici) e disfunzionali, per sostituirli con pensieri focalizzati sul qui ed ora.
  • Corporeo, al fine di:
    1. Spezzare il circolo vizioso legato alla tensione, attraverso l’apprendimento di tecniche di gestione dello stress e di rilassamento (Training Autogeno, rilassamento progressivo, respirazione)
    2. Gestire meglio il dolore, agendo sulla propria soglia di tolleranza
  • Emotivo, al fine di:
    1. Esser più consapevole dei propri stati interni, per poterli governare al meglio
    2. Rielaborare esperienze passate traumatiche e correlate con lo sviluppo della patologia, nonché della vulnerabilità emotiva (tramite la tecnica dell’Emdr)

L’integrazione dei livelli, in affiancamento alle altre terapie, permette di raggiungere l’obiettivo di un maggior benessere fisico, psichico, emotivo e relazionale.